Sospensione della perdita d’esercizio 2020: tra questioni aperte e rischi di distorsione in bilancio

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Il decreto Liquidità consentiva, in via temporanea ed eccezionale, di sterilizzare la perdita dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2020, in deroga al principio di conservazione del capitale. Non era, però, chiaro cosa sarebbe successo “dopo”, che fine avrebbe fatto quella perdita, se dovesse essere coperta successivamente ed entro quando. La legge di Bilancio 2021 ha risolto questo dubbio: le società hanno 5 anni per riassorbire la perdita del 2020. Ma il rinvio vale solo per la perdita 2020, oppure anche per quelle di esercizi successivi? E in che modo l’agevolazione può influenzare il comportamento delle imprese? Queste potrebbero essere incentivate a far apparire nell’esercizio 2020 “quanta più perdita possibile”, perché solo la perdita 2020 può godere della sterilizzazione. Con indubbi vantaggi anche di immagine, nell’attribuire la colpa di inefficienze e andamenti negativi al Covid-19.

La legge di Bilancio 2021 ha riformulato l’art. 6 del D.L. 8 aprile 2020, n. 23 (decreto Liquidità), convertito con legge 5 giugno 2020, n. 40, con il quale la perdita dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2020 risultante in bilancio è stata “sterilizzata” ai fini della protezione del capitale sociale. Infatti, l’articolo citato stabiliva per tale perdita la non applicazione degli articoli 2446, commi 2 e 3, 2447, 2482-bis, commi 4, 5 e 6, e 2482-ter del Codice civile, relativi alla riduzione obbligatoria del capitale per perdite superiori a un terzo del capitale, e dell’art. 2484, comma 1, n. 4), e 2545-duodecies c.c., relativo all’obbligo di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale.

La norma emergenziale di aprile consentiva quindi, in via temporanea ed eccezionale, di derogare al principio fondamentale di conservazione del capitale a tutto vantaggio della salvaguardia del sistema economico nazionale trovatosi di fronte alla pandemia Covid-19.

Tuttavia, non era chiaro cosa sarebbe successo “dopo”, ossia che fine avrebbe fatto quella perdita, se dovesse essere coperta successivamente ed entro quando.

La legge di Bilancio 2021 risolve molto opportunamente questo dubbio, in tempo ampiamente utile per la redazione del bilancio dell’esercizio 2020 stabilendo al nuovo comma 2 del citato art. 6 che:

“il termine entro il quale la perdita deve risultare diminuita a meno di un terzo stabilito dagli articoli 2446, secondo comma, e 2482-bis, quarto comma, del Codice civile, è posticipato al quinto esercizio successivo; l’assemblea che approva il bilancio di tale esercizio deve ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate.”

Quindi le società hanno cinque anni di tempo per riassorbire la perdita del 2020, tramite gli utili degli esercizi successivi o, nella peggiore delle ipotesi, tramite futuri aumenti di capitale.

Inoltre il novellato art. 6 del decreto Liquidità stabilisce (comma 3) che “nelle ipotesi previste dagli articoli 2447 o 2482-ter del Codice civile l’assemblea convocata senza indugio dagli amministratori, in alternativa all’immediata riduzione del capitale e al contemporaneo aumento del medesimo a una cifra non inferiore al minimo legale, può deliberare di rinviare tali decisioni alla chiusura dell’esercizio di cui al comma 2. L’assemblea che approva il bilancio di tale esercizio deve procedere alle deliberazioni di cui agli articoli 2447 o 2482-ter del codice civile. Fino alla data di tale assemblea non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, primo comma, numero 4), e 2545-duodecies del codice civile.”

In sostanza, se l’esercizio in corso al 31 dicembre 2020 chiude con una perdita superiore al terzo del capitale, gli amministratori hanno comunque l’obbligo di convocare senza indugio l’assemblea e presentare l’informativa sull’andamento della società ma l’assemblea, invece di deliberare il reintegro o la riduzione, può decidere di rinviare la decisione all’assemblea che approva il bilancio degli esercizi successivi fino al massimo del quinto successivo, cioè del bilancio in corso al 31 dicembre 2025.

Tecnicamente si rende necessario contabilizzare la perdita del 2020 nella voce del passivo patrimoniale “VIII – Utile (perdite) portato a nuovo”, separatamente da altre perdite portate a nuovo che non sono ammesse a tale agevolazione. In tal senso l’informativa in nota integrativa richiesta dal comma 4 prevede espressamente una distinta indicazione.

Quanto all’informativa da fornire in bilancio, infine, vi è il nuovo comma 4 dell’art. 6 che dispone che “le perdite di cui ai commi da 1 a 3 devono essere distintamente indicate nella nota integrativa con specificazione, in appositi prospetti, della loro origine nonché delle movimentazioni intervenute nell’esercizio”.

Questa disposizione non brilla per chiarezza, perché lascia il dubbio se tale informativa integrativa debba riguardare solo la perdita dell’esercizio 2020, come sembrerebbe dal riferimento ai “commi da 1 a 3”, o, più in generale, debba riguardare i movimenti della voce “perdite sospese” iscritte con segno negativo nel patrimonio netto anche se derivanti da esercizi diversi dal 2020, perché il testo del comma parla di “perdite” e non di “perdita” e di “loro origine”, intendendosi con “origine” l’esercizio di formazione. Circa le “movimentazioni” intervenute nell’esercizio”, se detto comma 4 fosse riferito solo alla perdita del 2020, non potendo riconoscersi degli aumenti di una perdita di esercizio che deriva da un bilancio già approvato in assemblea, le uniche successive movimentazioni possibili sono solo quelle che la fanno ridurre, come ad esempio l’utile dell’esercizio 2021 che l’assemblea potrebbe destinare a coprire, almeno parzialmente, la perdita del 2020.

A questo punto si aprono un paio di questioni.

In primis, tale rinvio vale solo per la perdita dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2020 oppure può essere usato anche per la perdita di un esercizio successivo (o, al limite, anche precedente) al 2020?

Anche in questo caso si deve ritenere che la ratio della norma sia quella di compiere un’eccezione solo per l’anno del Covid, sperando che non sia necessario in futuro un ulteriore intervento in tal senso. Per cui, se anche l’esercizio 2021 (o un qualunque esercizio successivo fino al 2025) chiude con una perdita che supera il terzo del capitale, si deduce che la sterilizzazione suddetta non debba valere e che quindi l’assemblea sia chiamata senza indugio a deliberare il reintegro o la riduzione, coprendo la parte di perdite diversa da quella originatasi nel 2020.

Si potrebbe obiettare che nell’art. 6 si parla quando di “perdita”, quando di “perdite” usando il plurale e facendo quindi sorgere il dubbio che tale agevolazione sia estendibile a “perdite” ulteriori, diverse da quella dell’esercizio 2020.

Forse è solo una imprecisione, forse. A favore di tale interpretazione, si deve evidenziare come, testualmente, il comma 1 dell’articolo in esame faccia riferimento alle “perdite” emerse nel corso dell’anno 2020.

Come corollario si pone la questione se il capitale sul quale calcolare il “terzo” per capire se vi è l’urgenza di reintegro per perdita di un esercizio successivo al 2020 sia da calcolarsi al lordo o al netto della perdita del 2020 “sterilizzata”. Su tale questione chi scrive ha più incertezze perché da un lato non si può negare che il capitale si sia ridotto per effetto della perdita del 2020, dall’altro si potrebbe comunque ritenere che il legislatore abbia inteso come ratio generale “sospendere” la perdita in tutti i sensi, anche ai fini del calcolo in questione. In proposito si ricorda che l’interpretazione prevalente data alla norma dell’art. 2446 c.c. per il calcolo del terzo, per quanto non manchino pareri discordanti, sia che detta fattispecie ricorra quando le perdite, dopo aver assorbito tutte le riserve esistenti, superino un terzo del capitale sociale.

Fin qui le questioni strettamente interpretative della norma.

Due ulteriori riflessioni però sono necessarie.

La prima riguarda il comportamento che la norma potrebbe ragionevolmente indurre. Una società, per sfruttare al massimo l’agevolazione, potrebbe essere incentivata a far apparire nell’esercizio in corso al 2020 “quanta più perdita possibile”, anticipando ogni svalutazione e accantonamento (o posticipando ogni rivalutazione) che potrebbero in casi dubbi esser compiuti anche in esercizi successivi perché solo la perdita del 2020 può godere della sterilizzazione. Inoltre, anche dal punto di vista informativo la società ha vantaggi di immagine nell’attribuire alla pandemia la colpa di i1nefficienze e andamenti negativi che non hanno in realtà relazione con il Covid.

La seconda riguarda il rapporto della disposizione normativa in parola con l’altra disposizione contenuta nel D.L. n. 104/2020 (decreto Agosto), convertito in legge n. 126 del 13 ottobre 2020, con la quale (art. 60, comma 7-bis e seguenti), solo per le società che non adottano gli IFRS, si permette di non imputare ammortamenti al conto economico dell’esercizio 2020 consentendone comunque la piena deducibilità fiscale, con accantonamento degli ammortamenti non imputati a riserva indistribuibile.

In un altro intervento (“COVID e normativa emergenziale di bilancio: la virata di rotta del Legislatore”, su IPSOA Quotidiano del 14 novembre 2020) chi scrive ha espresso forti critiche perché la norma del D.L. n. 104, non richiedendo espressamente come presupposto una motivazione gestionale data dal minor uso degli impianti, potrebbe minare la funzione informativa del bilancio violando il principio della rappresentazione veritiera e corretta della situazione aziendale.

Una società potrebbe sfruttare entrambe le agevolazioni, ossia non stanziare ammortamenti per il 2020 e sterilizzare la perdita che potrebbe comunque scaturire complessivamente dal conto economico del 2020?

La risposta è necessariamente positiva, non essendo sancita alcuna incompatibilità all’uso congiunto di entrambe le agevolazioni.

Certo è che un comportamento del genere apparirebbe un po’ contradditorio, “nascondere” cioè parte della perdita di esercizio non stanziando ammortamenti e poi rinviare la copertura dell’eventuale perdita che comunque può emergere dal conto economico 2020 a tempi futuri.

Ma in questo caso a esser contradditorie sono le due norme, quella della legge n. 126/2020 che entra a “gamba tesa” su specifiche valutazioni di bilancio e quella della sospensione della perdita qui discussa, che salvaguarda invece la funzione informativa del bilancio di esercizio.

Alberto Quagli

Fonte: Ipsoa, 16 gennaio 2021